La realtà, la pesante realtà che non vogliamo vedere: per la scrittrice Cristina Bellon questo c’è nel libro di Roberto Ippolito “Ignoranti”, pubblicato da Chiarelettere.
E’ “Ippolito – lei scrive – a toglierci il velo dagli occhi” e a descrivere “la drammatica situazione” della cultura italiana e dell’istruzione.
Cristina Bellon, autrice con Giovanni Bignami di “Il futuro spiegato ai ragazzi” (Mondadori) e collaboratrice della Città della Scienza e della rivista “Le Scienze”, recensisce “Ignoranti” su “Arcipelago Milano”, settimanale di politica e cultura.
Fa presente come Ippolito passi dalla “sottile ironia” riservata alla descrizione di incredibili strafalcioni alla serietà che “è d’obbligo” per il quadro inquietante documentato. (Foto di Luigi Gasparroni)
Qui sotto il testo della recensione.
È Roberto Ippolito, giornalista e scrittore, a toglierci il velo dagli occhi. L’ignoranza che colpisce lo Stivale del ventunesimo secolo è come la peste che affliggeva l’Italia del Seicento. Ma l’ignoranza porta alla morte cerebrale, di gran lunga peggiore di quella del corpo. Nel saggio di Ippolito, fatti e non parole. L’Italia è adagiata nel fondo classifica delle tabelle ufficiali europee sul grado d’istruzione. Errori grammaticali e di sintassi e una scarsa qualità della scrittura imperano agli esami, ai concorsi, nelle aule del parlamento e nelle classi dirigenziali.
Orbetello: ventiquattro laureati in giurisprudenza iscritti a un concorso. Nessuno ammesso. Alcuni erano impreparati, altri hanno fatto troppi errori di ortografia e di sintassi. Bari: alle prove per l’ammissione all’albo degli avvocati, un candidato scrive per ben tre volte “habbiamo”. Roma: una deputata e consigliere del ministro degli esteri Frattini ha impresso sulla carta intestata del ministero, per ben due volte, dei “n’è”, anziché “né”. Berlusconi confessa che pur essendo proprietario della Mondadori da forse vent’anni non legge un romanzo.
La carrellata di strafalcioni viene descritta dall’autore con lo stile impeccabile del grande professionista della cronaca e con una sottile ironia che ci fa sorridere. Ma poi è d’obbligo la serietà, quando capiamo che in questa satira italiana siamo protagonisti. I boia dei ministeri hanno preferito ghigliottinare, anziché investire nella cultura. C’è una scure in azione sopra l’istruzione e continua a tagliare teste. Dai dirigenti scolastici, agli insegnati, agli studenti che sempre di meno occupano i banchi di scuola. Al sud l’abbandono scolastico è spaventoso, forse perché la mafia e la camorra temono di più l’istruzione che la giustizia. Molti sintomi dicono che l’investimento nell’istruzione al Sud è assolutamente inadeguato. Ma al nord non è diverso.
Nelle università, dopo aver superato il test d’ingresso, arriva il momento di versare le tasse. Mandare un figlio all’università resta un investimento costoso per le famiglie, insostenibile per i redditi bassi e gravoso per quelli medi. I figli di persone più istruite tendono a essere essi stessi più istruiti. Così, in deroga all’articolo 34 della Costituzione, il solco fra chi ha e sa e coloro che non hanno e non sanno si allarga sempre di più. In America, anche se i costi per l’istruzione sono esorbitanti, tutti possono accedere agli atenei più qualificati grazie alle borse di studio.
Soldi a parte, in Italia il culto dello studio non c’è. Troppi comodini e troppe scrivanie sono privi di libri. Non studiare porta al non trovare nuove opportunità, nuove ipotesi, nuove applicazioni tecnologiche, ostacolando lo sviluppo economico del Paese. La drammatica situazione in cui viviamo è un affronto ai millenni di storia d’Italia che è la culla dell’istruzione. Ma una via d’uscita c’è: sotto la spinta dell’ansia del sapere e della bramosia della conoscenza spiegheremo le vele verso un reale cambiamento. Sta già accadendo. La recente nomina dei senatori a vita e, in particolare, quella di Elena Cattaneo è il riconoscimento dei sacrifici di tutti i giovani ricercatori italiani. (Cristina Bellon)
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