“Bagheria l’ho vista per la prima volta nel ‘47”: la scrittrice Dacia Maraini era una bambina. Vi arrivò per abitare con i genitori nella villa dei nonni materni dopo la guerra, dopo due anni di terribile prigionia in Giappone e “una traversata sull’oceano minato” con un transatlantico. Cominciano da questo momento i ricordi che vengono presi “Nel baule”, giovedì 17 luglio 2014 alle 19.00. È questo l’evento, ideato e curato da Roberto Ippolito, con il quale i protagonisti della cultura raccontano se stessi al Maxxi, il museo delle arti del XXI secolo, in via Guido Reni 4a, a Roma. L’ingresso è libero. La rassegna, cominciata giovedì 10 con Gianni Berengo Gardin, attraversa tutta l’estate fino a ottobre.
“Nel baule” di Dacia Maraini si ritrovano le pagine del suo libro “Bagheria” (pubblicato da Rizzoli) che vengono tirate fuori e lette da Olga Pultrone. La conversazione con Ippolito sul filo della memoria ripropone affetti, episodi e situazioni sia private che pubbliche. Può apparire originale proporre al pubblico i contenuti di un volume pubblicato ventuno anni fa, ma quelle pagine suscitano emozioni forti che superano la barriera del tempo.
“A Palermo ci aspettava la famiglia di mia madre. Un nonno morente, una nonna dai grandi occhi neri che viveva nel culto della sua bellezza passata, una villa del Settecento in rovina, dei parenti nobili, chiusi e sospettosi”: è questo l’inizio di uno dei primi capoversi che guidano in una storia personale di grande intensità e spessore letterario. “Bagheria” è un libro che ha lasciato il segno.
Al Maxxi, di cui è presidente Giovanna Melandri, i ricordi vengono messi in piazza: le poltrone dove si svolge la chiacchierata e un vero vecchio baule sono su un palco allestito nella parete alta otto metri e mezzo con sfere di plastica riciclata installata per l’estate, progettata da Orizzontale e vincitrice della gara internazionale Yap per architetti under 35.
C’è il padre Fosco, amato “più di quanto sia lecito amare un padre”, ci sono tanti personaggi dell’infanzia, ci sono l’arroganza familiare e la sopraffazione maschile nella conversazione di Dacia Maraini con Ippolito e nelle pagine lette da Olga Pultrone. E c’è la mafia di cui “non si parlava mai, allora”: del resto “Bagheria è una città mafiosa, lo sanno tutti”, ma “non si deve dire”.
Tornare indietro con la memoria significa tornare a Bagheria e vedere, dice Dacia Maraini, “come hanno sfondato mezzo paese per fare entrare l’autostrada nuova fiammante fin sotto casa, buttando giù gli antichi giardini, abbattendo colonne, capitelli, alberi secolari”. Perciò, fa presente, “mi si chiude la gola”. A Villa Palagonia “vedo che hanno costruito, ancora, pezzo per pezzo, alla carlona, con una furia devastatrice e becera, proprio dietro le bellissime statue di tufo, glorie della meravigliosa immaginazione barocca siciliana e mi si rivoltano le viscere”. Insomma “tutto il corpo alla fine è in subbuglio e che fare?”.
Si ricorda un passato lontano, ma che addolora ancora. “Bagheria” è un libro del 1993. Ma la sua attualità inquieta. Ed ecco che la domanda di ieri, al Maxxi, diventa quella di oggi: che fare? La bambina di ieri, arrivata a Bagheria nel ’47, è una scrittrice che oggi combatte continuamente per la difesa e la promozione del bello e della cultura.
Dopo Gianni Berengo Gardin (“Il libro dei libri”, Contrasto) e Dacia Maraini, “Nel baule” prosegue il 24 luglio con Lina Wertmuller (“Tutto a posto e niente in ordine”), seguita il 31 da Chiara Valerio (“Spiaggia libera tutti!”, Laterza). Si riprende giovedì 18 settembre con Ferdinando Scianna (“Visti & scritti”, Contrasto). Quindi Pupi Avati il 25 (“La grande invenzione. Un’autobiografia”, Rizzoli), Filippo La Porta l’8 ottobre (“Roma è una bugia”, Laterza) e Gianrico e Francesco Carofiglio il 9 (“La casa nel bosco”, Rizzoli).
Foto Giorgio Maiozzi Uthopia
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