Ah la paura! Può far sbandare, condizionare, essere una pessima consigliera. Per esempio in Francia dove ha dato una grande spinta al risultato delle elezioni regionali di domenica 6 dicembre 2015. Ma può essere tenuta a bada. Deve essere domata. Uno scrittore come il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk la guarda in faccia e la sfida. Infatti, dice la sua senza alcun timore sulla situazione della Turchia, il proprio paese: contesta che è in atto “il giro di vite nei confronti della libertà di parola”.
Lo afferma anche se non si sente intimidito lui: “Non sto parlando di noi romanzieri che non siamo colpiti tranne se scriviamo di sesso esplicito, ma dei giornalisti e dei proprietari di giornali”. Pamuk aggiunge che per i giornalisti sgraditi, per coloro che “si esprimono contro il governo”, è sempre possibile che spunti “qualche figura filogovernativa che minaccia”. E “se minaccia qualcosa fa”. Poi, in Turchia, “si aprono le porte della galera come è successo a un mio amico” in questi giorni. Insomma, sostiene, “è tutta la libertà di stampa in pericolo”, “è in pericolo chi critica il governo”.
A Roma per presentare all’Auditorium Parco della Musica, all’inizio di dicembre 2015, il suo libro “La stranezza che ho nella testa” pubblicato da Einaudi, Pamuk dunque non esita a tirar fuori argomenti che potrebbero spaventare chiunque per la preoccupazione di eventuali reazioni e che oltretutto, come precisato da lui stesso, non lo riguardano. Ma invece avverte il bisogno morale di farlo. Accantonando la paura che potrebbe suggerirgli di non trasformarsi in bersaglio.