Il cartello del “Dipartimento tutela ambientale e del verde” di Roma Capitale, ovvero del Comune, è grande, ben visibile ed è collocato sul cancello d’ingresso. Parla chiaro, indicando in italiano e in inglese le “norme di comportamento”. Per esempio è “vietato accedere con motoveicoli”. Giustamente. Oppure è “vietato danneggiare le piante e cogliere i fiori”. Perfetto. Inoltre è vietato “gettare rifiuti a terra”, “introdurre cani senza guinzaglio” e “lasciare deiezioni canine a terra”. Benissimo.
Tuttavia a Villa Sciarra, incollata alle mura del Gianicolo, nel quartiere romano di Monteverde Vecchio, sarebbe stato necessario un altro divieto. Quello di rompere le braccia delle statue collocate nel giardino di 70 mila metri quadrati. Tantissime statue ne sono prive, quelle più fortunate hanno perso solo le mani, come constatato con una visita martedì 7 agosto 2018.
Qualcuno potrebbe dire, con un pizzico di sgradevole cinismo: sono i normali acciacchi legati all’età. Si tratta infatti di statue settecentesche in arenaria salvate dalla rovina del Palazzo Visconti di Brignano Gera d’Adda,
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nel Bergamasco, e portate a Villa Sciarra all’inizio del novecento dagli ultimi proprietari privati, i coniugi americani George Wurts e Henriette Tower.
Le statue rimaste senza braccia dovrebbero essere un vanto di questo parco colmo di storia e che ospita nel Casino Barberini l’Istituto italiano di studi germanici con una biblioteca di 80 mila volumi, dominando lo stupefacente panorama del Gianicolo. “Uno dei parchi romani più interessanti dal punto di vista botanico e paesaggistico”, si legge nel sito istituzionale di Roma, e che è “ricco di originali fontane” e appunto di “gruppi scultorei di ispirazione mitologica”. In particolare “molto scenografica è una siepe di lauro, disposta a semicerchio, dove sono collocate” dodici statue “raffiguranti i mesi”.
Queste, come le altre, sono mutilate. Nonostante lo sconforto, però, a Villa Sciarra non cadono le braccia. Sono già cadute.
Foto Stella Frasca
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