prodigio indiana Sushma Verma e quindi il confronto, molto particolare per l’istruzione, tra il suo paese e l’Italia è al centro dell’intervista rilasciata da Roberto Ippolito, autore di “Ignoranti”, pubblicato da Chiarelettere, a “Cadoinpiedi”, il portale di approfondimento dei temi di attualità che dà vita alla “comunità degli autori”. Diritto allo studio negato, abbandono precoce dei banchi, mentalità troppo favorevole all’esclusione nell’istruzione, risultati contrastanti delle donne negli studi e nel lavoro sono i punti più importanti trattati.
Qui sotto l’intervista a Roberto Ippolito, pubblicata da “Cadoiniedi” il 9 febbraio 2014.
Titolo
“Sushma va veloce”.
Sommario
“Nel cuore dell’India dove è normale che le bambine non vadano a scuola e sono spesso oggetto di violenza, una tredicenne è già iscritta a un master di Microbiologia, in attesa di essere grande abbastanza per frequentare Medicina. Per farla studiare, il padre ha venduto la terra e le Ong hanno fatto il resto. La sua storia è un esempio che fa riflettere sullo stato dell’istruzione, anche in Italia. Cadoinpiedi.it ne ha parlato con Roberto Ippolito, autore di Ignoranti. L’Italia che non sa, l’Italia che non va (Chiarelettere, 2013)”.
Testo
L’ultima vittima della crudeltà è una bambina di 9 anni. E’ stata stuprata a Nuova Delhi il 5 febbraio scorso. E’ stata adescata da un giovane di 25 anni mentre giocava con le amichette nel cortile di scuola, in un istituto governativo. Come lei sono tante le piccole vittime in India. Infanzie rubate, figlie dell’ignoranza.
Ma qualche eccezione c’è. E’ il caso di Sushma Verma, che a tredici anni è già iscritta a un master di Microbiologia, in attesa di essere grande abbastanza per frequentare Medicina. La sua è una storia di istruzione e amore. Per farla studiare, il padre ha venduto l’unico pezzo di terra che possedeva: il resto è arrivato da Ong e organizzazioni private.
Una storia straordinaria nel cuore dell’India, che ha uno dei più alti tassi di analfabetismo del mondo e dove la disparità di alfabetizzazione tra maschi e femmine riflette gli stereotipi che ancora persistono soprattutto nelle zone rurali. La sua storia è un esempio e, rimbalzata in Italia, porta a riflettere sullo stato dell’educazione nel nostro Paese. “Abbiamo un livello formale di alfabetizzazione alta, ma una vastissima dispersione scolastica” ha detto a Cadoinpiedi.it Roberto Ippolito, autore di Ignoranti. L’Italia che non sa, l’Italia che non va (Chiarelettere, 2013). “Noi stiamo violando la Costituzione che all’articolo 34 garantisce ai meritevoli privi di mezzo di arrivare ai livelli più alti di istruzione”.
DOMANDA: Il caso di Sushma Verma è certamente straordinario, tanto più che avviene in un paese difficile come l’India. Che riflessioni può ispirare a noi italiani?
RISPOSTA: Siamo di fronte chiaramente a un caso limite, eccezionale, indiano, mentre noi viviamo una tristezza ordinaria. Lì abbiamo un Paese che tra mille contraddizioni, e anche drammi, tenta di correre in avanti. Noi siamo purtroppo un Paese che va a marcia indietro: tutti i dati per l’istruzione e la cultura lo confermano. Per questo un confronto non sarebbe corretto, ma è altrettanto evidente che questo caso ci impone di riflettere.
D: Anche perché la situazione dell’India è diversa, e ben più grave, di quella italiana.
R: Sì, però attenzione. Noi abbiamo almeno formalmente un alto livello di alfabetizzazione ma una grandissima dispersione scolastica, siamo tra i Paesi in Europa in cui è più alta. Qui un ragazzo su cinque non va oltre la licenza media, e questo è particolarmente evidente nelle regioni più disagiate e dove è maggiore l’attrazione della criminalità organizzata.
D: In Italia abbiamo casi eccezionali, di studenti prodigio, come quello di Sushma?
R: In Italia ci sono molti casi eccezionali. Ma questo è quasi il problema. Il Paese continua a far leva su un gruppo ristretto di persone che riesce ad andare avanti e ottenere risultati spesso grazie allo stato economico agiato di partenza. Il problema è che oggi non riusciamo a portare tanti a livelli elevati di istruzione. Ci concentriamo piuttosto sui test di ingresso, il numero chiuso e gli sbarramenti.
D: La storia della ragazzina indiana è quella di una famiglia poverissima, che ha fatto sacrifici ma è stata anche aiutata. Mentre in Italia sappiamo bene che gli aiuti spesso sono insufficienti.
R: Noi stiamo violando la Costituzione che all’articolo 34 garantisce ai meritevoli privi di mezzo di arrivare ai livelli più alti di istruzione. Le borse di studio sono inadeguate, in alcune regioni sono modestissime, e succede anche che non tutti gli idonei, riconosciuti come tali, vedano il versamento delle borse. Questo vale per l’università. La situazione nella scuola dell’obbligo è ben più grave, vengono chiesti alle famiglie soldi o prodotti per circa un miliardo di euro l’anno.
D: Prima ha accennato alla questione dei test di ingresso all’università. Perché sono sbagliati?
R: Certamente è importante favorire l’orientamento, indirizzare, avere numeri di studenti compatibili con le strutture, ma dietro c’è la mentalità per cui pochi devono andare avanti. Mentre noi dovremmo occuparci di chi rimane indietro, visto che abbiamo un livello molto basso di titoli di studio, siamo ultimi in Europa per laureati, pochi diplomati, pochi anche con la sola licenza media. Il nostro problema più che la selezione dovrebbe essere l’inclusione, il favorire quanti più ragazzi possibile.
D: Chi difende le selezioni per l’accesso all’università in genere cita il sistema anglosassone dove però gli aiuti finanziari sono ben più consistenti. Cosa ne pensa?
R: I modelli sono tantissimi sul pianeta, ma noi stiamo facendo brutta figura in Europa e con il resto del mondo. Se vogliamo riflettere sul caso della ragazzina indiana dobbiamo proprio riflettere sul fatto che gli altri ce la mettono tutta per andare avanti, mentre noi continuiamo a registrare arretramento. Dal 2003 abbiamo un calo nelle immatricolazioni all’università.
D: La storia indiana ci fa riflettere anche sulla situazione dell’istruzione femminile. L’India è un paese difficilissimo per le donne, ma anche in Italia, con le debite differenze, la strada è ancora lunga.
R: In Italia ormai da tanto le ragazze hanno superato i ragazzi sia come titoli di studio che come rendimento. Basta guardare i dati: per quanto riguarda il diploma, le nate negli anni Quaranta lo conseguivano il 25,7% delle donne contro il 34% degli uomini. Con le nate degli anni Settanta abbiamo il sorpasso: 69,3% donne, 64% uomini. E nel 2009/10 arriviamo al 78% delle donne contro il 70% uomini.
D: Per quanto riguarda la laurea?
R: Le nate negli anni Quaranta arrivavano al traguardo il 7,3 % delle donne e il 10,6% uomini. Per quanto riguarda i nati negli anni Settanta il 21,7% delle donne e il 15,2 degli uomini. Poi la corsa è continuata ed è significativo sottolineare che il vantaggio c’è anche qualora le donne provengano da situazioni economiche meno favorevoli. Per concludere, il 49,3% delle donne e solo il 36,4% degli uomini hanno letto almeno un libro nel 2013.
D: I successi accademici però non aiutano il gentil sesso nel mondo del lavoro. Non crede?
R: Mediamente lavorano circa 4 donne su 10 contro 6 su 10 uomini. E il rapporto Ocse 2011 diceva che le donne italiane e brasiliane con titolo di istruzione terziaria guadagnano il 65% in meno degli uomini.
D: Perché questa contraddizione?
R: Si tratta dell’ulteriore tragica conferma che il sapere in Italia conta poco. Non c’è considerazione del valore del sapere.
D: Un problema che spesso affligge anche la classe politica, in cui rientrano persone preparate o meno, qualche strafalcione di troppo.
R: C’è un problema di qualificazione della classe politica che è un pezzo di un problema più ampio di preparazione della classe dirigente italiana, e c’è problema di comprensione di quanto siano strategici istruzione e cultura. Ma come dimostra la vicenda degli scatti di anzianità per gli insegnanti sembra che non si sappia di cosa parliamo, né quanto sia delicato il meccanismo scolastico sia per quel che riguarda l’organizzazione, sia per il rispetto che sarebbe dovuto agli insegnanti.
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