beni molto consistenti sono intestati a lei. In realtà sono della figlia, imprenditrice edile a Caiolo, in provincia di Sondrio, che non si è spogliata di tutti i suoi averi in uno slancio di povertà alla San Francesco. Semplicemente desiderava (ognuno ha i suoi desideri) risultare nullatenente per il fisco. Al quale deve 275mila euro. Scoprirla ha richiesto un bel lavoro di indagine, ma alla fine arriva il sequestro di immobili per recuperare le somme evase.
Come c’è voluto tanto impegno per far confessare la sua dimenticanza a un aiuto regista di Canale Monterano, a poca distanza da Roma. Forse troppo concentrato tra un ciak e un altro, non ha presentato la dichiarazione dei redditi. L’attenzione al conto corrente invece non è stata trascurata: in banca ci sono quattro milioni di euro. Insomma l’aiuto regista è un evasore totale, un fantasma per il fisco. Nel destino forse era scritto: Canale Monterano ha un legame storico con un luogo fantasma; accolse la popolazione fuggita dal feudo di Monterano prima per la malaria e poi due secoli fa per un saccheggio francese. I ruderi disabitati sono utilizzati spesso per le riprese di film; fra i più importanti girati l’americano “Ben Hur” e “Brancaleone alle crociate” di Mario Monicelli.
Altro che crociate… Acchiappare chi si nasconde completamente al fisco o nega il dovuto è una guerra dura, aspra. Che viene però combattuta con un esercito che giorno dopo giorno letteralmente perde i pezzi. Il personale dell’Agenzia delle entrate si è ridotto da 37mila unità a 32mila, come ricorda il suo direttore Attilio Befera. Ovvero un dipendente in meno ogni sette. Al “Corriere della Sera” precisa che “ogni anno vanno in pensione 1.000-1.200 dipendenti” ma al loro posto ne vengono “assunti 7-800” soltanto.
E’ vero che per combattere l’evasione fiscale sono necessari una svolta culturale, un’opera di persuasione e strumenti efficaci, ma la fondamentale attività di repressione conta su meno uomini. La difficoltà di fare di più è ammessa nella stessa circolare della direzione centrale accertamento dell’Agenzia contenente gli “indirizzi operativi” per il 2011 e diffusa il 18 maggio scorso. Anche se senza enfasi, nella “premessa” si parla infatti della “diminuzione delle risorse quest’anno destinabili all’area prevenzione e contrasto dell’evasione”.
I minori controlli anti evasione che sono avvenuti negli ultimi tempi hanno alle spalle anche questo. Già il 25 giugno 2009 il procuratore generale presso la corte dei conti Furio Pasqualucci ha contestato “l’azione di freno costituita dalla costante diminuzione delle risorse assegnate per il funzionamento delle Agenzie fiscali a causa della riduzione degli stanziamenti dovuta al contenimento della spesa pubblica”. I tagli disposti dal governo di Silvio Berlusconi e dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, in carica fino al 16 novembre scorso, hanno penalizzato la capacità d’intervento per il recupero delle tasse non pagate (recupero necessario per ragioni di giustizia ma anche utile per i conti pubblici).
Parallelamente, ai contribuenti e alle imprese è stata data addirittura per legge la garanzia che i controlli nei loro confronti non si possono ripetere nell’arco di sei mesi: l’articolo 7 del cosiddetto decreto sviluppo pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale” il 12 luglio prevede che “il controllo amministrativo in forma d’accesso da parte di qualsiasi autorità competente deve essere unificato” e “può essere operato al massimo con cadenza semestrale”. In teoria, in questo modo, Tremonti ha voluto “ridurre il peso della burocrazia che grava” su chi paga le tasse, come si legge nel testo. Ma il risultato è un semestre senza timori di accertamenti.
E di accertamenti ce n’è (purtroppo) un gran bisogno. Visti i dati dell’anagrafe tributaria sul possesso di auto di lusso, barche e perfino aerei da parte di cittadini con redditi bassi bassi, il procuratore aggiunto di Roma e responsabile del pool sulla criminalità finanziaria Nello Rossi, intervistato dal “Sole 24 ore”, si è rammaricato: “I poveri di lusso sono un paradosso tutto italiano. I segni inequivoci della loro ricchezza sono stati sotto gli occhi di tutti tranne che per il Fisco, che pure, come si vede, era in grado di conoscerli”.
E così, come dice il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, “l’evasione è diminuita in termini percentuali fino al 2007, poi è tornata a crescere”. Fino al 2008 le stime, ufficiali e non, delle imposte evase convergevano verso i 100 miliardi di euro. Befera adesso parla di “un’evasione pari a 120 miliardi l’anno”.
Un aumento molto, troppo grosso. L’esercito del fisco ha abbastanza soldati per scovare gli evasori? E abbastanza risorse per effettuare più controlli, favoriti anche dalle nuove misure varate, se si vuole davvero contrastare l’illegalità fiscale? Sono domande a cui oggi deve rispondere Mario Monti, presidente del consiglio e anche ministro dell’economia.