Roberto Ippolito 23 agosto 2014 Hay-on-wye Gb 1.
Roberto Ippolito 23 agosto 2014 Hay-on-wye Gb 1.

I maschietti piccoli piccoli si salvano. Fino ai 10 anni si comportano quasi come le femmine, anche se già restano indietro. Leggono libri pressappoco nella stessa misura. Poi, pur crescendo, i maschi restano piccoli piccoli. I lettori, infatti, sono in numero nettamente inferiore rispetto alle lettrici. E il divario cresce sempre più. È un’offesa dire maschi ignoranti?

Nel 2014 gli uomini che hanno letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali sono appena il 34,5%, ancora meno del già misero 36,4% del 2013. In pratica due uomini su tre non ne hanno toccato uno. La quota di donne che hanno letto almeno un libro nel 2014 è invece molto più elevata, essendo pari al 48,0%, con un calo più leggero rispetto al 49,3% dell’anno precedente.

La differenza fra le lettrici e i lettori è dunque del 13,5% contro il 12,9% del 2013. Nel 2007 il vantaggio delle donne era pari all’11,9%. Le donne, insomma, infliggono agli uomini un distacco record.

La brutta figura degli uomini risulta dall’indagine dell’Istat “La produzione e la lettura di libri in Italia” relativa al 2014 che, oltretutto, rivela l’ulteriore calo dei già molto scarsi lettori, diventati in totale solo il 41,1% della popolazione con almeno 6 anni.

Inoltre gli uomini che leggono non si sforzano troppo: spiccano nella categoria di quelli deboli, ovvero che hanno letto da 1 a 3 libri. Le donne che leggono non si limitano a pochi titoli: il 15,1% delle lettrici sono forti, essendo arrivate al termine di almeno 12 libri nel 2014 (contro solo il 13,2% dei lettori di sesso maschile).

Tutto questo accade perché gli uomini lavorano troppo? Un’affermazione del genere sarebbe molto avventata, vista la supremazia femminile anche fra i giovani. Dice l’Istat: “Il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 ed i 24 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro)”.

Le donne sono più attive anche per quanto riguarda i libri on line: li scaricano il 16,0% di coloro che “frequentano il web” (questa la formula usata dall’Istat) contro il 15,2% degli uomini.

Pertanto gli uomini annaspano sempre? Sì… ma qualcosa possono vantare anche loro. In base all’indagine dell’istituto di statistica, sono più numerosi, anche se di poco, per quanto riguarda l’acquisto di libri tramite internet: sono il 50,4% del totale di chi compra attraverso il computer. Ma è un dato di cui potersi vantare? O è un sintomo della pigrizia?

 

IL LIBRO

Roberto Ippolito “Ignoranti – L’Italia che non sa, l’Italia che non va”, Chiarelettere

Dall’ultima di copertina

“Tagliare il deficit riducendo gli investimenti nell’innovazione e nell’istruzione è come alleggerire un aereo troppo carico togliendo il motore.”

Barack Obama

 

Dal risvolto di copertina

Spesso esilarante per i casi raccontati, ma inquietante per lo scenario descritto, Ippolito svela quanto è somara l’Italia. Con nomi e cognomi il libro fornisce un campionario incredibile di assurdità: il sottosegretario che accusa il ministro di essere un “asino bardato da generale”, la conduttrice che inciampa sugli accenti, deputati che parlano in modo inverosimile. Sorprendente? L’Italia è sempre in coda nelle classifiche per l’istruzione e la cultura. Lo confermano gli spropositi che si trovano nei temi della maturità, i pessimi risultati degli studenti nel confronto internazionale, gli errori nella formulazione delle domande ai concorsi: anche chi giudica sbaglia. E l’economia arretra. Il contrario di quanto avvenne negli anni del boom, quando l’innalzamento culturale accompagnò il miracolo. Oggi il 45,2 per cento ha al massimo la licenza media contro il 27,3 per cento dell’Europa.

Solo due italiani su quattro sono diplomati contro tre inglesi su quattro. L’Italia è avara: in Europa è ventiduesima per la quota di spesa pubblica destinata all’istruzione in rapporto al Pil. E al peggio non c’è mai fine per l’onda lunga dei tagli dell’era Berlusconi, ma anche per la scarsa sensibilità del governo tecnico di Monti. Nemmeno i privati si salvano. I confronti internazionali proposti ripetutamente nel libro certificano il disastro. Uno schiaffo per un paese come l’Italia, per secoli culla della cultura e dell’arte. Come si può tornare a crescere? Con l’istruzione e la cultura. Ma finché gli ignoranti occuperanno la politica non potrà esserci un reale cambiamento e un ritorno allo sviluppo. Solo il sapere può dare la scossa.

 

 


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