Mete letterarie: ‘a muntagna dispettosa di Nadia Terranova
È un vulcano. Ma mica come tutti gli altri. Infatti è “il vulcano femmina”. Si chiama Etna. Così come si chiama “Etna”, con sottotitolo “La lingua del fuoco”, il piccolo libro metà testo di Nadia Terranova e metà fotografie di Stefano Graziani pubblicato da Humboldt Books. Nulla a che fare per esempio con “Iddu (esso), lo Stromboli” che “è maschio, ma l’Etna, ‘a muntagna, è femmina: in Sicilia il sesso dei vulcani è una faccenda capitale”, come spiegato dalla scrittrice. Lo Stromboli, per esempio, ”borbotta tutto il giorno, tutti i giorni”. Mentre “l’Etna può tacere a lungo e farsi sentire all’improvviso”: non sai la possibile piega degli “eventi sotto il suo dominio”.
Di sicuro c’è la familiarità con il pericolo. Del resto siamo mortali. Per questo, senza ignorare quello che può incombere, il breve viaggio sulla littorina della Circumetnea, compiuto da lei con due compagni di avventura, è un viaggio in alcune fasi della vita attraversata innanzitutto dallo struggente ricordo del padre. Tanto che Nadia Terranova osa scrivere ancora della muntagna anche se ha sempre ricevuto “noie” quando ha “scritto di lei”.
È “un eterno incendiarsi” dell’Etna e della scrittrice, sedotta dalla sua maestosità ma anche dai rischi del futuro sconosciuto. Con a fianco nel tragitto Franco Battiato, cantautore e tanto altro, designato custode in quanto “era il dio greco del vulcano, il volto arabo della montagna, il derviscio che danzava sopra le colate laviche”.