Prendo il giornale e leggo che… Alcuni “facoltosi” romani sono accusati di essere residenti e di pagare le tasse a Montecarlo, avendo invece affari e famiglia in Italia. Ma chissà di quanto tempo fa è il giornale, voglio proprio vedere la data: è di oggi, 20 luglio 2013. Insomma i “furbetti del Principato” e non solo del Principato non conoscono il logorio del tempo: continuano a esserci. Imperterriti.
Certo, le accuse del fisco possono essere sbagliate e perfino ingiuste e devono essere convalidate. Gli evasori sono evasori soltanto quando il verdetto è definitivo, inappellabile.
Ma la pratica di spostare l’abitazione all’estero, di trasferire oltre confine le sedi legali di imprese, di cedere i diritti di un marchio aziendale a una società straniera solo per non pagare le tasse dovute in Italia è molto diffusa.
Non sarebbe il caso di indignarsi per tutto questo? Qualcuno in queste ore è indignato per essere accomunato alla categoria degli evasori in mancanza della condanna definitiva. È nel suo diritto. Come è nel diritto di tutti i cittadini indignarsi per la sfrontatezza di chi finge di vivere e operare all’estero solo per ottenere un beneficio fiscale.
Gli evasori, loro sì, devono far indignare. Sottraggono alle casse dello stato almeno 120 miliardi di euro in un anno, molto più del doppio del deficit pubblico, pari a 47,6 miliardi nel 2012. Indignarsi significa dunque mostrare la giusta riprovazione sociale nei loro confronti.
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