parole che emozionano e turbano. Sono quelle adoperate da Edoardo Nesi, nella sera di una giornata “che non è stata una buona giornata”. Nesi le pronuncia dopo aver preso la mano della sua bambina, nel libro “Storia della mia gente” pubblicato dalla Bompiani e in lizza per conquistare il Premio Strega. Stordito per la fine del sogno imprenditoriale della sua Prato, chiede alla figlia “se non le piacerebbe vivere in un mondo in cui tutti campassero solo di cultura, un mondo meraviglioso in cui si potrebbe pagare il macellaio con un racconto, il barista con una poesia, costruirsi una casa con un romanzo”.
Lei ride e sicuramente non sa che, secondo qualcuno, nell’Italia di oggi con la cultura non si mangia. Poi commenta: “Sarebbe una favola bellissima”. La bambina dà anche un consiglio al padre: gli suggerisce “di scriverci un libro, su questa cosa del mondo fatto di cultura”.
Mentre crollano monumenti in piedi da duemila anni e i teatri sono costretti a promuovere una colletta per vivere, almeno per queste parole un Premio ad Edoardo Nesi dovrebbe essere dato. Lo Strega, il cui vincitore sarà proclamato giovedì 7 luglio nel Ninfeo della rinascimentale Villa Giulia, testimonia la vitalità del panorama letterario italiano. Che propone nomi importanti come Nesi, ma anche talenti più giovani come Giorgio Nisini o giovanissimi come Viola Di Grado arrivati a un passo dalla finalissima con i loro libri, rispettivamente, “La città di Adamo” (Fazi) e “Settanta acrilico trenta lana” (Edizioni E/O).
Descrivendo l’addolorato tormento di una città sopraffatta dalla globalizzazione, il difficile cammino dell’accettazione degli altri, la spietatezza della concorrenza cinese all’industria tessile e non solo tessile italiana, “l’immane, irresponsabile, crudele e divertentissimo casino senza regole “ rappresentato dall’”Occidente del XX secolo”, Nesi si commuove. Pregando “che la nostra gente vorrà continuare a essere sempre all’altezza del tesoro di valori e di futuro che si incarna nella Costituzione, e non smetta mai di sforzarsi di capire questa realtà dura come il diamante e semplice come il pane, di comprendere e di tollerare, sempre”. A questo “non c’è alternativa”. Anche perché, dice Nesi, “l’alternativa è l’incubo”. Anche l’Italia, come il mondo di cui parla sua figlia, è fatta di cultura.